Lunedì 8 aprile 2019

Nato a Samarate (VA) nel 1929, Gino Stefani è tornato alla Casa del Padre il 7 aprile scorso, a Roma, chiudendo una vita terrena ricca di studi importanti e di solide iniziative nel campo musicale, conosciuto e vissuto con larghezza di intenti e con orizzonti aperti. Musicista e musicologo, docente universitario e pedagogo, innovatore della pratica terapeutica (“globalità dei linguaggi”), ha avuto un ruolo importante anche nell’avvio della Riforma liturgica post-conciliare nell’ambito musicale. L’orientamento centrale delle sue ricerche è stata la domanda sul “senso” dell’azione musicale, dando valore all’esperienza fattiva del far musica, di cui tutti in qualche misura siamo capaci, o meglio “competenti”.  Questo lo rese molto sensibile ai temi e ai problemi posti dalle nuove esigenze del canto e della musica, intesi come elementi integrati nella partecipazione celebrativa. Fu in particolare attivo e presente ai primi tempi del rinnovamento, con contributi di pensiero (L’espressione vocale e musicale nella liturgia, Torino-Leumann, 1967) e come pioniere di un nuovo modo di comporre testi di canti in italiano (ricordiamo, fra gli altri: Noi canteremo gloria a te; Quanta sete nel mio cuore; Venite, fedeli; Io credo: risorgerò): le assemblee italiane  ne beneficiano tuttora, e gli autori di testi dovrebbero assaporarne la lezione, che rimane quella di un maestro umano, spirituale e generoso, non accademico e sempre fraterno.

Eugenio Costa, s.j.

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